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Parrocchia San Francesco

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Gioia Tauro
Parrocchia
Francesco di Paola
Il figlio torna se c’è un padre che attende
Alla luce del vangelo di domani, domenica 30 marzo, ho pensato questa riflessione che desidero condividere con tutti.
Se oggi invitassimo Gesù a tenere una conferenza nella nostra parrocchia si creerebbe la stessa situazione di duemila anni fa. La sua fama richiamerebbe tantissime persone che sarebbero li ad ascoltarlo, per i motivi più svariati, e sono certo che la chiesa si riempirebbe a tappo. Purtroppo, quelli del posto fisso in chiesa (come il figlio maggiore) sicuri, come sempre, di trovare il loro posto libero non si premurerebbero di arrivare per tempo e si troverebbero spiazzati perché altri, inconsapevolmente, ci si sono seduti e lo hanno occupato.
 
In chiesa prima dell’inizio c’è un fastidioso brusio aumentato da quanti pensando di entrare come sempre si trovano a stare in piedi all’ingresso da dove non si vede e non si sente nulla. Gesù osserva tutto e inizia la sua conferenza raccontando la parabola del figliol prodigo, la stessa di quel giorno di duemila anni fa perché oggi come allora il figlio torna se c’è un padre che attende. Torna se il padre ha una chiara identità che gli permette una certa apertura di cuore, che non mette il dito nella piaga per cambiarlo, magari spaccando il capello in quattro per la giusta analisi, ma lo accoglie senza per questo assecondarlo.
 
La parabola di Gesù riguarda coloro che non si rendono conto di essersi persi sia i cosiddetti lontani sia i più intimi della comunità. Vista da questa prospettiva, nella parabola, ciò che viene compromesso è il volto del Padre, oggi incarnato dalla comunità, che non è più un richiamo per i lontani e asseconda i vicini per non perderli.
 
Nella speranza che ci sia ancora un figlio prodigo oggi se tornasse rischierebbe di non riconoscere più la casa. Dove le regole hanno preso il posto del carisma la casa non è più la stessa e il volto del padre è snaturato.
 
Il nostro tempo, che lo si voglia o no, è il punto di arrivo di una lunga parabola di decadenza sia all’esterno della parrocchia sia all’interno e può sembrare di non intravedere alcuna via d’uscita. Gesù fa capire che bisogna ripartire proprio da questo nostro tempo non annacquando il vangelo, per renderlo più accettabile, ma vivendolo nella sua radicalità. Essa non mette recinti e non alza muri (le regole) ma rivela la verità della vita, la bellezza dell’essere figli, la tristezza della sproporzione tra come si è e come si potrebbe essere se solo si accogliesse di più il vangelo nella propria vita.
 
«Ciò che incanta e attrae, ciò che piega e vince, ciò che apre e scioglie dalle catene non è la forza degli strumenti o la durezza della legge, bensì la debolezza onnipotente dell’amore divino, che è la forza irresistibile della sua dolcezza e la promessa irreversibile della sua misericordia» (Papa Francesco)
 
Una comunità che vive il vangelo è il volto del Padre della parabola e la parrocchia è il suo abbraccio all’interno del quale non ci sono posti fissi o privilegi da difendere ma solo l’unicità di essere figli e figlie e fratelli e sorelle che si sostengono a vicenda.
                                                                                                            Don Natale Ioculano
"L'educazione è cosa di cuore"
(don Bosco)
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